Tracciare connessioni: arte in relazione

Molte volte riflettiamo sulle nostre vite attraverso l’immagine della strada da percorrere, tra bivi, salite e discese. Il parallelo è d’impatto, a maggior ragione se iniziamo a guardare al di fuori di noi stessi: se la vita di ciascuno fosse visualizzabile seguendo la traiettoria di una strada, quanti incroci nascerebbero dall’incontro con l’altro? Ogni nuova conoscenza e ogni incontro ripetuto con le persone della nostra quotidianità sarebbero in grado di intessere una complessa connessione di traiettorie, articolata come l’intreccio urbano di una grande metropoli in continua espansione. Fatte queste premesse è ora di dare una direzione al nostro discorso e di tracciare una strada chiara dagli sviluppi comprensibili.

Trasformiamo i nostri pensieri in azione: rendiamo visibile il nostro spostamento all’interno di un’attività che ha l’intento di mettere in relazione i partecipanti. Possiamo usare un gomitolo da srotolare e tendere un filo tra me e un compagno. Ripetendo l’operazione, tutti i componenti del gruppo intessono relazioni che si depositano sul supporto isolante aderente al pavimento. I fili possono essere saldati tra loro depositando su di essi veli irregolari di carta velina, incollata con delicatezza tramite il tocco di spugne inumidite con acqua e vinavil. Quest’ultimo passaggio è più complesso: la miscela liquida deve essere ben bilanciata nelle sue componenti per evitare di strappare la carta per eccessiva viscosità della spugna imbevuta. Il tocco successivo non deve eccedere per impeto e pesantezza. Nasce la cosiddetta “carta tessuta”, studiata e tramandata dalla prof.ssa Laura Tonani, storica docente dell’Accademia di Belle Arti di Brera (alla quale va il nostro ricordo). Ecco un’attività giocosa e al contempo precisa, delicata e curata, trame di incontri con il sapore di interazioni, esperite senza bisogno di parola. Il risultato è astrazione di movimenti, fossilizzati e manifesti grazie ai fili rimasti esattamente come sono stati depositati. Linee disegnate, traiettorie ricamate con un corpo sottile, riconoscibile al tatto. Il contesto, lo sfondo, fanno da habitat, collante per ciò che è stato vissuto, improvvisamente visibili in una forma artistica poetica e sorprendente.

Le azioni di prossimità nella forma di direzioni nette e precise, rette che vanno da A a B, da me all’altro, possono però assumere ulteriori forme visuali. Permane il bisogno di un supporto che consenta di accogliere in maniera indelebile un ulteriore materiale che, se srotolato, unisca le persone in azione. Possiamo utilizzare pannelli di polistirene come sfondo e lo scotch di carta come legante. Questa volta la pratica di srotolamento richiede maggiore precisione tecnica: il filo curva sul supporto, lo scotch no, semmai si accartoccia rendendo difficoltoso procedere. La stesura deve essere paziente: mentre una mano tiene tesa la striscia, l’altra accompagna il nastro durante il percorso, nel tentativo di aderire bene al supporto precedentemente trattato con una passata di bianco. A questo punto si può introdurre il colore per ricreare un contesto che evidenzi le azioni e le direzioni tracciate. Bisogna assicurarsi che lo scotch sia bene incollato, per evitare che la pittura si intrufoli al di sotto, dopodiché, muniti ancora una volta di spugna, si inizia a dipingere il pannello. La procedura termina con la rimozione delle strisce di scotch quando il colore è ormai asciutto. Ecco comparire nuove strade, nuove reti, candide e nette in mezzo al trambusto offerto dalla sovrapposizione diffusa dei colori.

Durante quest’ultima pratica la fase di coloritura può essere lasciata più libera; viceversa (come ci insegna a fare Francesco Serenthà con La città condivisa, pur muovendo da obiettivi differenti) si può chiedere una colorazione più precisa nella quale distinguere i diversi isolati di sfondo assegnando a ciascuno di essi una tinta differente, veri e propri quartieri di una nuova cittadina. Nel primo caso otterremo una pittura più energica, caotica ed espressiva; nel secondo caso invece avremo un prodotto più saturo, brillante, elegante e ordinato. In ambedue i casi il consiglio è di suddividere il pannello in moduli più piccoli, pezzi di puzzle da scomporre e assemblare in maniera differente, per enfatizzare segni e colori.

Un altro tipo di pratica che mette in relazione è stata approfondita in Diram-azioni: fiumi pittorici per piccoli adulti, ma questa è un’altra storia. Ciascuna tecnica però evidenzia l’incredibile capacità dell’arte visiva (anche nella rispettiva forma astratta) di concretizzare l’informità delle emozioni, delle azioni e dei vissuti personali. Saper utilizzare segno, materia e colore per ricomporre storie di senso compiuto e stimoli di riflessione è tra i compiti dell’artista terapista, uno specialista che, in virtù della propria competenza, può rivelarsi facilitatore di processi ed essere in grado di offrire possibilità e di aprire strade da percorrere insieme.

L’interazione tra corpi lascia il segno, nella materia inerme e nella vita delle persone: ciascun movimento, gesto o azione traccia una rotta invisibile. È compito dell’arte rendere visibile ciò che non sempre è manifesto. È la missione dell’arte terapeutica riordinare ciò che è informe e mostrare la via a chi la cerca.

Testo di Stefano Sorgente

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