Tra pittura e modell-azione

Ho ripreso a dipingere quasi per gioco. Spinto dalle forme che vedevo comporsi nella mente, coltivavo il desiderio di generare secondo la mia volontà, dando forma ai pensieri.

Pennello e colore si sono rivelati compagni di viaggio da imparare a comprendere per potersi relazionare con efficacia. Bisogna conoscere la materia per poter agire con cognizione: ogni cosa possiede caratteristiche proprie che, se ignorate, ci rendono vincolati alla casualità, incapaci di ottenere il massimo dagli strumenti e dai materiali con i quali entriamo in relazione, destinati a scontrarci con essi, rischiando di ”violentarli”. Una relazione infatti prevede ascolto e conoscenza: saper ascoltare la materia si rivela fondamentale per poterne trarre reciproco vantaggio. Si tratta di osservare le caratteristiche dello strumento che impugno, di studiarne la punta, la morbidezza delle setole; bisogna ascoltarne il contatto con il supporto, sentire il modo in cui si piega, come scorre sulle superfici. Dopodiché bisogna anche lasciarlo fare. Paradossalmente, mantenere le redini della produzione creativa significa anche apprendere la consapevolezza di non essere onnipotenti, accettare volontariamente di perdere il controllo e di affidarsi, delegando agli esperti parte del lavoro che svolgiamo. Bisogna crescere in umiltà e riscoprire il gusto della scoperta, l’apertura verso ciò che è sorpresa, per esser pronti a cogliere le suggestioni e i consigli che la materia ha da proporre.

In questo processo che oscilla tra la smania di controllo e la flessibilità personale, la tecnica della pittura ad olio si rivela mentore saggio e partner ideale. Questo tipo di impasto è abbastanza fluido da consentire una stesura paziente, ottimale per sfumature di colore dolci, graduali, delicate. La pittura ad olio richiede cura e gesti gentili, pennellate simili a carezze. Imparare la calma per poter mantenere il controllo. L’olio, pertanto, è paziente e clemente, regala tempo e lascia spazio al ripensamento. L’errore non esiste realmente: fino alla fine c’è spazio per interventi e modifiche. Il colore rimane fresco e si miscela più facilmente. È propenso all’incontro, alla relazione, allo sposalizio. La pittura ad olio insegna ad accettare e consente di raccordare: le tinte si abbracciano, si ibridano, si modificano; conoscono un solo modo per generare: unirsi.

Questo tipo di descrizione umanizzata è frutto della fenomenologia. Osservare un procedimento sotto l’aspetto fenomenologico, cioè studiando ciò che si verifica fisicamente, può portare a guardare a se stessi, a riconoscersi con consapevolezza rinnovata, focalizzandosi sul proprio carattere e sul proprio modo di agire.

Mi ritrovo in uno spazio di cura minuziosa, una scelta dedita alla meticolosità: pennellate sensibili e delicate. Lo stesso tocco, lo stesso tipo di azione lo riconosco come marchio di fabbrica del mio agire (reale o figurato). Probabilmente questo è il motivo per il quale apprezzo questa tecnica. Il carattere infatti determina la scelta e si manifesta anche nella predilezione per taluni materiali rispetto ad altri.

Lo stesso tipo di tocco e di azione, gentile e paziente lo adopero nella modellazione della creta. Già, la creta. Parliamo di un materiale povero, sottovalutato e tuttavia abusato, utilizzato abbondantemente nella realizzazione di bozzetti scultorei e di opere “minori”. Essa, assieme alla plastilina e ad altri materiali plastici affini, dà vita su piano scultoreo a possibilità e azioni simili a quelle garantite dalla pittura ad olio.

Come descritto in L’arte di levare il superfluo, la modellazione consente di «trasformare sotto le nostre mani una forma di creta, cercare quell’armonia relazionale tra lei e noi [che] è stimolo al cambiamento. La creta nel suo modo di essere è affettuosa e riceve ogni impulso datole. In lei, indurita o cotta rimangono i nostri gesti e le nostre impronte». Modellare permette di sperimentare con le mani, in maniera più intima e sensibile, la stessa esperienza di cura e di delicatezza sperimentata grazie alla pittura ad olio. La creta si lascia modificare, plasmare, cede dominio e controllo, a patto di imparare la mitezza e la pazienza. Perciò, solo un gesto gentile origina una superficie liscia, senza segni evidenti e disordinati dovuti alla sovrapposizione dei differenti strati di materia. “L’arte di porre”, in scultura, e analogamente anche in pittura, ci insegna a costruire con pazienza, a rifinire con cura, a far crescere…e a crescere.

In questi procedimenti è possibile perdersi, possiamo restare assorbiti: ci si può cullare nell’infinita ripetizione di tocchi e stesure continue e pazienti. La modellazione della creta è una tecnica antica, primitiva e la pittura ad olio ne ripropone le fascinazioni: con esse si può regredire. Se però, si è in grado di farne esperienza per un tempo congruo e limitato, questi metodi sono in grado di insegnarci ad abbandonare la nostra visione egocentrica del mondo per imparare a prenderci cura anche degli altri.

Testo di Stefano Sorgente

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