Come musica nell’aria: Fausto Melotti

A lungo noi di associazione Croma abbiamo parlato di arte e musica insieme, un’unione ritenuta fondamentale e armoniosa, utile a costruire la cura del sé tramite una pratica anche terapeutica. A questo tema abbiamo dedicato attività e progetti, articoli e pensieri.

Ci sono nella storia dell’arte due artisti che abbino al mondo di Croma. Entrambi legati all’amore per la musica e per l’arte si affiancano a Croma per la loro complementarietà. Il primo di questi è Fausto Melotti, scultore del ‘900 italiano, tra i più importanti e forse non così conosciuto come meriterebbe. Oltre ad avere una formazione accademica, imparando per esempio da Wildt che la scultura non è solo un pieno ma anche un insieme di vuoti, studia musica e pianoforte. Questi ingredienti sono quelli che hanno inciso maggiormente sulla persona-scultore e che hanno dato i loro frutti nella sua arte. Come musica nell’aria, Melotti, compone le sue sculture con sottili filamenti o placche metalliche, stoffe e punte di colore creando disegni che esplorano lo spazio tridimensionale. Oppure nelle opere più monumentali mescola ritmo, temi e variazioni in rapporto con il vento e il paesaggio. Gioca con i pieni e con i vuoti trattandoli con la medesima importanza, articolando nello spazio instabili equilibri che donano valore alla composizione scultorea. Sono queste le sue sculture più celebri, contrappesi insicuri facili da sconvolgere con un soffio di vento (Mi smonto e mi rimonto). Giochi matematici e allo stesso tempo imprevedibili. Non è propriamente una scultura rivolta a chi crede che essa sia materia e superficie tangibile, stabile e statuaria. Equilibri e disequilibri che l’occhio segue nella loro verticalità o orizzontalità, nelle loro composizioni instabili sperando che esse siano allo stesso tempo immutabili e perennemente in movimento. Questo vale per le opere di piccolo formato, più intime, e per le opere monumentali, più paesaggistiche. Il tutto si integra e si fortifica in un gioco tra piani che non si congiungono correttamente. Gioco che lui stesso definisce poesia. È scultura che per prima vuole arrivare alla mente e poi al corpo coinvolgendolo delicatamente in una danza paragonabile a quella della fiamma di una candela. E forse è questo che in Melotti sposa musica e scultura ovvero il loro delicato avvicinarsi all’ascoltatore/osservatore. Non si tratta di sculture sonore ma di pensieri che partono dalla musica ed arrivano alla scultura senza, tuttavia esserne la trasposizione. Il rapporto con la musica per lo scultore trentino è costante e, come nei progetti di Croma, l’arte non è semplice riproposizione del mondo musicale. È questo che cerca di fare Croma: poesia visiva e sonora, arte e musica, lontano forse dalla retorica dell’arte ufficiale; mischiare e rimischiare ancora gli ingredienti, miscelare il tutto con il quotidiano delle nostre esperienze.

Croma però non è di un colore solo, ma è composta da tante tonalità ed ogni tonalità ha molteplici sfumature. Una di queste sfumature è come Melotti, musica e arte che collaborano. Questi due elementi si fondono nella progettualità dell’azione. Un’altra sfumatura è invece come Pinuccio Sciola, artista italiano recentemente scomparso. Lo scultore sardo utilizza conoscenze musicali e materiche per arrivare ad opere dove la musica è scultura e viceversa. Si arriva al loro matrimonio, alle sculture sonore: steli che se accarezzati producono i suoni della terra e delle origini. E questa è una sfumatura importante di Croma poiché non è solo progettualità e non è solo concetto teso a raggiungere qualcosa di astratto. Croma è anche risultato concreto, è Melotti e Sciola insieme, idea e risultato. È arte e musica per bene, per il bene. La musica non è sottofondo all’arte e l’arte non è un pretesto musicale.

Testo di Francesco Serenthà

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