La carta e il suo processo

Nei precedenti articoli legati alla carta (RI-SCARTO, i segreti della carta e Dal RI-SCARTO al riscatto) abbiamo potuto scoprire le grandi qualità di questo materiale, le sue proprietà terapeutiche e di riscatto, i suoi utilizzi e a chi può rivolgersi. Ma in sostanza, quali sono i passaggi e le tappe del viaggio che partendo da un foglio di carta comune arriva al nostro foglio di carta?

Penso sia quasi impossibile descrivere con precisione tutte le variabili e tutte le incognite che questo processo si porta dietro. L’esperienza e la conoscenza di tempistiche, colore e tipologie di carta rendono pressoché sempre unico il suo mutamento. In più se uniamo a queste cose anche l’uso di colori aggiunti, materie o immagini applicate sopra o all’interno del foglio creato, il mondo della carta diviene un grande mosaico di tessere differenti l’una dall’altra. Nonostante ciò possiamo osservare che in questo magma di eventi esiste una struttura primaria, passaggi base che permettono, gesto dopo gesto, di compiere questo viaggio nella gioia del fare.

Prendiamo per esempio un foglio di carta dei più comuni, un anonimo foglio da una risma da stampa. Questo oggetto porta con sé solo il processo industriale che ne sta dietro e lo scopo finale ovvero quello di diventare documento, fotocopia, scarabocchio o carta straccia. La sensazione tattile, passandolo tra le dita, è quella del vuoto da riempire, del levigato silenzio da assordare con parole stampate. La carta è potente, non ha bisogno di collanti per stare insieme e non a caso si parla di unione fisica tra le fibre. Le fibre seguono un loro ordine e infatti strappando la carta ci accorgiamo subito se stiamo andando contro-fibra oppure se stiamo seguendo il loro ordine nascosto. Strappando la carta in tanti piccoli pezzi la si prepara per il prossimo passaggio ovvero quello dell’immersione in acqua. È interessante come dal suono secco dello strappo si arrivi all’ immersione nel liquido, quasi per addolcire questa ferita e quasi per placare il dolore appena passato. Effettivamente l’acqua serve proprio per ammorbidire le fibre e per aiutare l’azione frullatrice che trasforma questi piccoli e bagnati pezzi di carta in polpa di carta. Dalla polpa possono nascere sculture, paste colorate, calchi e decorazioni, ma a noi invece quello che interessa ora e arrivare al nostro foglio di carta. Allora, dopo essere stati sminuzzati con l’aiuto di un frullatore, questi fradici pezzetti di fogli tornano a mollo. Reimmergendo la polpa in acqua le fibre si distendono, si mescolano tra loro, rimangono in sospensione e si attivano facilitandone la coesione. L’acqua, divenuta bianca per via delle minuscole fibre da lei contenute, è una materia molto importante e fondamentale per la costruzione della carta. A questo punto entra in scena uno strumento che si rivela necessario, sia per la forma che il nostro foglio prenderà sia per l’effettiva pesca delle fibre: il setaccio. Esso, nella sua forma più basica, è formato da quattro semplici listarelle di legno disposte e unite a rettangolo dove poi viene attaccata una retina come se fosse la membrana di un tamburo. Questa rete è importante che sia bella tesa e il suo essere rada o fine determinerà la densità e la qualità del foglio di carta. Il setaccio può assumere forme e migliorie molto diverse a seconda di quello che noi vorremo come nostro foglio di carta, ma qui limitiamoci per ora ad un semplice foglio rettangolare. Con questo affascinante strumento, come cercatori d’oro, immergiamo le nostre mani nella vasca d’acqua dove abbiamo lasciato in sospensione le fibre e, grazie a movimenti delicati ma decisi, facciamo riemergere il setaccio sopra il quale si sarà depositato il nostro foglio di carta. Con un gesto veloce ribaltiamo il setaccio sopra ad un panno precedentemente bagnato steso su un tavolo. Levando il setaccio la carta si sarà depositata unicamente sul panno e, una volta lasciato asciugare e volendo anche lasciandolo sotto pressione, il nostro foglio prenderà vita e forma, asciutto e nuovo al tatto, più ruvido e meno industriale, portando dentro la bellezza artigianale del fare.

In questo breve scritto forse si perdono tutte le sensazioni uniche e poetiche, tutte le bellezze legate a istanti e passaggi del processo, ma infatti la carta la si scopre facendola e non parlandone. Carta da stampa o carta di giornale, carta da forno o carta velina, carta da lucido o cartone: i passaggi chiave restano la struttura dove diverse metamorfosi portano a colori, forme e sensazioni facendo apparire in superficie le immagini della mente. Tatto e vista giocano un ruolo primario qui dove la carta si fa veicolo dell’arte.

 

Testo di Francesco Serenthà

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